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La nuova lobbying secondo Claudio Velardi

Articolo pubblicato su FERPI in data 8 ottobre 2015.

Di Redazione


Com’è cambiato e come sta cambiando il lobbying? Dal 5 ottobre prova a rispondere a questa domanda un gruppo di professionisti del settore chiamati a discuterne insieme da Claudio Velardi che, come punto di partenza, ha individuato 12 libri sul tema: "La fine del potere" di Moisés Naim, "Politica e Menzogna" di Luciano Violante o "Lobbying" di Lionel Zetter; "Il segnale e il rumore" di Nate Silver e M. Giffone, "In difesa della politica" di di Matthew Flinders e G. Baldini o "La politica non serve a niente" di Stefano Feltri, con cui ha dibattuto proprio nel primo incontro del ciclo “La nuova lobbying in 12 libri".


Il prossimo appuntamento (su invito) è lunedì 12 ottobre alle ore 18.00 in via degli Sciaiola dove ci sarà anche Francesco Nicodemo, del Team di Comunicazione e Strategia Online della Presidenza del Consiglio dei Ministri.


“Il mondo che si trasforma richiede a chi fa questo mestiere nuove capacità di elaborazione, maggiori approfondimenti, visione critica e specializzazione ad un tempo". Del nuovo modo di fare lobbying ne abbiamo parlato con Claudio Velardi.






Cosa significa fare lobbying in un mondo disintermediato?

Prima di tutto è importante definire brevemente cos'è davvero il mondo disintermediato. Che è quello che viene fuori da una dissoluzione continua dei corpi intermedi, dai partiti ai sindacati ai giornali, e che rende possibile, oltre che necessaria, una comunicazione diretta, sia essa top-down, orizzontale o dal basso verso l'alto. Nel contesto di un continuo overload informativo è favorita la politica che decide, e anche chi "facilita" le decisioni. È in questa intercapedine che si inserisce il lobbista, il quale punta a rendere finalmente più fluidi i processi legislativi e la realizzazione di norme per rimettere in moto la PA così come le aziende. Per raggiungere questo obiettivo, non basta più la capacità di relazione o la conoscenza tecnica. Serve anche saper modellare un frame, saperlo reggere, essere pronti 24 ore su 24 a rispondere alle eventuali crisi.


Di lobby e di lobbying sui media se ne parla sempre in maniera distorta. Di chi sono le responsabilità?

Sicuramente va fatto un lavoro, da parte dei lobbisti, per apparire meglio agli occhi di chi non conosce i meccanismi delle relazioni istituzionali. Anche in Italia stiamo finalmente raggiungendo una maturità sotto questo punto di vista, sappiamo comunicare e non ci nascondiamo, possiamo farcela. Tuttavia le cito una ricerca di Marco Mazzoni pubblicata ormai due anni e mezzo fa, che ha analizzato i contenuti degli articoli di giornale in cui si parla di lobbying. Indovini? Se ne parla quasi sempre male.. Non sarà forse uno dei motivi per cui agli italiani, popolo di lobbisti, il lobby non piace?


Con ogni Governo sembra che si arrivi ad una norma o almeno un registro dei lobbisti ma poi non se ne fa mai nulla da 30 anni. Perché?

Va dato atto alla Presidente della Camera Boldrini di aver cominciato un percorso in tal senso, proponendo un codice di condotta per gli eletti. Ma c'è ancora molto da fare, e confido che questo governo, che ha finalmente una visione liberale dei rapporti tra privati e politica, proceda a una regolamentazione più estesa dopo i provvedimenti più urgenti. Perché non se n'è mai fatto nulla sinora? Credo per gli interessi sotterranei dei "lobbisti nascosti", quei parlamentari che inseguono sfacciatamente dei bisogni particolaristici bloccando così realizzazioni molto più importanti.

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