Siamo europei e non c’è più dubbio che ci “tocca e conviene” esserlo e restarlo.
“I governi cambiano (come ha ricordato anche il Ministro della Difesa Crosetto), lo Stato resta”. Si può discutere se usare o no il MES, se alzare l’asticella del contante ma, attenzione, la cartina tornasole resta la Legge di Bilancio e, insieme con essa, le regole comuni e le riforme (Fisco, Giustizia) previste nei progetti del PNRR. Non è solo roba nostra.
Europei nel tener botta ai tentativi di divisione del fronte euro-atlantico che la Russia cerca di indebolire con i bombardamenti e con il Generale Inverno.
Ma siamo europei (tutti, non solo noi) nel senso migliore, cioè inseriti con una missione comune nello sforzo di ripresa e crescita economica, sociale ed ambientale. Occorre provarlo non all’Europa, ma a noi stessi. Tutto sta su un piatto condiviso: dall’esito nazionale e internazionale della vicenda Lukoil, messa in amministrazione fiduciaria, ma poi? L’Ilva, dove ancora restano inchiodati fondi, capitali, lavoro, destino e governance dell’Acciaio. Ma a chi tocca affrontare il tema? Solo alla magistratura e allo Stato? Poi ITA - grattacapo impossibile se affrontato in solitudine - e, infine, il tema complicatissimo delle Telecomunicazioni e del digitale: non solo TIM e reti. Il mantra “Italia, sovranità e pubblica proprietà” si scontra con cambiamenti enormi, convenienze, interessi e regole dove per garantire l’interesse nazionale non basta ribadire la "superiorità del pubblico” e nemmeno la sovranità ragionevole. Come petizioni di principio, occorre declinare scelte e regole compatibili, serie ed attrattive.
Viviamo un mondo sempre più provvisorio, che è “corso avanti” (come nella serie di King “la Torre Nera”), in cui si inseguono a fatica “Fatti e Norme” (il riferimento è al titolo dell’opera di Habermas ed allo sforzo di salvare diritti e diritto statuale, anche in tempi tragici e veloci e tuttora fondati sulla sovranità popolare). Non si può crescere senza un disegno, anzi un design “comune” ed aggiornato delle politiche e delle regole. Si tratti di leggi, di faticose intese interstatali (COP 27, G20 etc), fino ai regolamenti e leggi “europei” sempre più complessi, concorrenti tra pubblico e privato, va ricordato che in tempi veloci e apparentemente con destini e poteri divisi e frammentati ci vogliono regole nuove e coerenti. Quei consulenti della realtà che sono, per lo più, i lobbisti, possono essere molto utili a chi si assume la responsabilità di decidere. La rappresentanza di interessi è marketing delle idee e delle competenze e sta davanti a chi, come la politica, lavora sulle aspettative degli elettori-stakeholder e poi si trova a decidere se e quanto assecondarli o deluderli. La rappresentanza di interessi è cruciale per scegliere liberamente. Sempre che tutti decidano di alzare lo sguardo da sé stessi: senza tener conto di interessi ed aspettative non c’è salvezza.
Joe Biden ha costruito l’Inflation Reduction Act, l’Infrastructure Investment and Jobs Act (IIJA), conosciuto come Bipartisan Infrastructure Bill, ed il Chips Act grazie ad uno sforzo bipartisan e grazie ad un team di collaboratori (“non sottovalutare mai quanto si sottovaluta il Team Biden”) del quale ha fatto e fa parte almeno un lobbista e consulente politico come Steve Richetti.
In Cina invece, dove (come in tutte le dittature) l'attività di Lobbying è vietata, la logica centralista ed autoritaria s’è rafforzata, ed è costata ribellioni e tragedie come quelle di Urumqi, una drammatica frenata dell'economia e degli investimenti, a causa del lockdown, per spingere, forse, ad un allentamento.
In Europa c’è voluta una pandemia, una guerra ed una crisi energetica per unirsi, ragionare insieme, magari anche per registrare le distanze tra desideri e fatti per raggiungere un livello inedito di collaborazione tra attori politici e società.
Possiamo dire che interessi economici e industrie le più diverse (Pharma ed Energia) hanno fatto e debbono fare la loro parte?
Restano opacità, scandali, divari ed ingiustizie insostenibili nonostante le tantissime prove di regolamentazione, ma è evidente che alla fine è il mercato che regola, sulla base delle leggi esistenti, e la trasparenza diventa una scelta inevitabile.
Dovessimo dire una cosa che manca del tutto dal vasto catalogo irrealizzato delle “regole per lobbisti” è uno strumento che ci faccia sapere chi e come lavora per rappresentanti di interessi stranieri. In tempi di scelte cruciali è importante saperlo.
Ma la sostanza resta: senza collaborazioni dinamiche tra interessi e decisori, stakeholder pubblici e privati, non c’è governo tempestivo e adeguato in un mondo in tumulto.
Proveremo a darne conto.
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